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Dall’omelia del Cardinale Archivescovo Matteo Mariza Zuppi in ricordo di mons. Ernesto Vecchi

(5 Giugno 2022)

….Era orgoglioso, di quell’orgoglio dettato dalla fierezza di essere cristiano, dalla consapevolezza di essere dalla parte giusta, con la squadra vincente. A sostenerlo erano la sua preghiera continua, personale e la devozione all’eucarestia adorata personalmente e in solitudine davanti al tabernacolo o richiamata ai fedeli come sorgente fontale di ogni autentica operosità, privata e pubblica. Mi commuoveva il suo studio dove campeggiava la gigantografia della sua comunità del Cuore Immacolato di Maria. Borgo Panigale: quasi un ritorno a casa, in un mondo operaio che sperimentò il suo zelo pastorale soprattutto nella formazione catechetica e nella liturgia. Per lui la Chiesa ha sempre avuto un tratto concreto, che serviva con dedizione totale che voleva ricambiata, senza subalternità, con orgoglio e anche creatività, come l’indimenticabile Congresso Eucaristico del 1997. Non a caso leggeva spesso l’omelia della sua consacrazione episcopale, dove il Cardinale Biffi ricordò come «nel collegio apostolico hanno trovato posto tanto Filippo e Andrea, uomini aperti alla mediazione e al dialogo, quanto Giacomo e Giovanni, gli impetuosi e un po’ intolleranti “figli del tuono”». Per Mons. Vecchi credo si soffermasse su questi ultimi. Lo ricordava don Ernesto stesso: «Desidero solo una cosa: essere segno e strumento di comunione, anche se la mia caratteristica di “figlio del tuono” potrebbe far pensare il contrario».

Biffi lo invitò a non lasciare nell’ambiguità e nella nebbia, a spiegare cosa crede la Chiesa di Dio, perché il clima di relativismo e di scetticismo spingono “gli spiriti più semplici e schietti” a parlare. E poi aggiunse: «Più che imporre, persuada; più che giudicare, comprenda; più che dare ordini, dia fiducia, sorregga, stimoli iniziative». E Mons. Vecchi lo faceva volentieri in bolognese, proprio per esprimere questa vicinanza, il desiderio di arrivare al cuore e di stabilire una sintonia, di un Vangelo concreto, che parlava alla vita vera e in modo vero. La sua comunicazione lo portava ogni giorno a recitare il breviario laico leggendo attentamente tutti i giornali, dai quali prendeva spunti per le sue appassionate omelie. Da adulto e prete (e fino alla fine) ha coltivato tante letture, anche quelle dichiaratamente laiche, espressioni del mondo di oggi che lo aiutavano a comprendere tendenze e mentalità. La sua biblioteca personale è ricca di volumi che spaziano dalla teologia pastorale e dalla ecclesiologia alla sociologia, alla filosofia, alla politica e altro.

Grazie Mons. Ernesto:

· per la tua schiettezza e la tua dedizione alla nostra Chiesa di Bologna.

· Grazie per la tua franchezza e per essere stato trasmettitore della dottrina della Chiesa.

· Grazie perché parlavi chiaro, comprensibile ed efficace

· Grazie perché non hai mai rinnegato le tue origini, ma ne andavi fiero perché figlio di una terra piena di fede e di generosità

· Grazie anche perché ci facevi sentire con qualche espressione in dialetto tutti figli della nostra cara Chiesa che vive in Bologna.