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Cenni storici

Nell’Arcidiocesi di Bologna la Collegiata di S. Giovanni in Persiceto è la più antica tra quelle del forese, anche se non si ha una data certa né di erezione del Capitolo né di fondazione della chiesa, le cui origini si perdono in un non ben precisato punto dell’alto Medioevo.
Accantonando le ‘leggende’ sulla fondazione della chiesa di Persiceto, vi sono due documenti che aiutano a collocarne la nascita con buona approssimazione tra IX e X secolo. Che la chiesa sia ancora più antica, come vorrebbe la tradizione, non ci è possibile affermarlo, ma neppure escluderlo.
I due documenti sono citati nella Storia dell’augusta badia di S. Silvestro di Nonantola di Girolamo Tiraboschi.
Il primo documento è una permuta del 936 fra Bonifacio conte di Bologna ed Ingelberto abbate nonantolano che viene stipulata “infra plebem Sancti Iohannis in Persiceta in territorio Motinense vel Bononiense”.
La seconda fonte, che ci consentirebbe di risalire un po’ più indietro nel tempo, è un documento dell’899 in cui “Johannes monachus Casinensis … prepositus monasterii Sancti Benedicti quod situm est in territorio Motinensi pago Persiceta” elenca tra le possessioni del monastero un appezzamento di terreno sito “in Fregnanello de plebe S. Johannis”. Purtoppo però quest’ultimo documento è ritenuto falso e la presenza della chiesa di S. Giovanni pare quindi certa solo dagli inizi del X secolo. Si può però a ragione ipotizzare che la fondazione sia precedente, facendola risalire almeno alla seconda metà del IX secolo.
Sulla fondazione della nostra chiesa anche il Forni, benemerito studioso di storia persicetana della fine del XIX secolo, non presenta una datazione precisa, ma si limita a fissarla tra IX e X secolo nella sua prima opera del 1921 e nella prima metà del IX secolo nella opera che esce postuma nel 1927.
Ma se per quel che riguarda le origini della chiesa di S. Giovanni dobbiamo procedere per ipotesi, nei secoli successivi le fonti ci danno progressivamente informazioni sempre più certe.
Ad esempio un documento del 1123, riferendosi a tempi remoti, ci presenta la nostra chiesa come arcipretale e collegiata. Inoltre la Chiesa Arcipretale Collegiata di S. Giovanni in Persiceto riveste una discreta importanza nel territorio, come conferma la consacrazione a vescovo di Bologna del monaco camaldolese Enrico da parte dell’arcivescovo di Ravenna che avviene nel 1130 nella nostra chiesa.
Si evince inoltre da un atto di procura del 1215 che, anche se solo in origine, i canonici della nostra collegiata conducevano vita comune: l’atto viene infatti stipulato nel refettorio dei canonici della pieve di S. Giovanni in Persiceto.
Il plebanato della Chiesa Arcipretale Collegiata di S. Giovanni è molto esteso e nell'”Elenco delle chiese e luoghi pii della città, e diocesi di Bologna” del 1366 risulta formato da 32 chiese, 2 ospitali e il convento di S. Michele. Nel 1408 il plebanato risulta ulteriormente esteso, fino a risultare costituito nel 1541 da 47 chiese, dal convento dei frati Minori, dal monastero delle monache Benedettine (di S. Michele) e da quattro Ospitali.
Altro fatto degno di essere sottolineato è che in origine la nomina dell’arciprete pare che fosse fatta dai canonici stessi i quali avrebbero esercitato l’elettorato attivo e passivo.
I rapporti tra la Comunità (che noi oggi definiremmo ‘civile’) e la Collegiata sono tanto stretti che “secondo gli ordinamenti comunali di quel tempo gli arcipreti pro tempore procedevano di loro mano all’estrazione degli Ufficiali del Comune, Consoli Proconsoli e ne accettavano il giuramento prima di essere immessi nel possesso della carica il giorno dedicato al Santo Protettore [24 giugno], e custodivano nella sacrestia la cassa delle imbussolazioni”35. Sul finire del XIII secolo vi era stato anche un caso in cui all’arciprete era stata delegata la nomina degli Ufficiali, il reggimento del Comune, la custodia degli Statuti e dei documenti.
In questo clima l’interesse per le cose della religione è tanto forte che la Comunità si fa carico del parziale mantenimento dei canonici e di ingenti spese per il decoro ed il lustro della Collegiata.
Nella seconda metà del XVII secolo un problema che è ormai diventato improcrastinabile è quello della costruzione di una nuova chiesa. Quella antica infatti dava già da tempo segni di cedimento e i lavori fatti negli anni precedenti non erano stati sufficienti a fermare il decadimento strutturale dell’antica Pieve. Tant’è che nel 1654 l’arciprete propone alla Comunità il progetto, realizzato dall’architetto bolognese Paolo Maria Canali, per una nuova chiesa. I lavori iniziano nel 1671 e la domenica 26 ottobre del 1698, mancando solamente alcune decorazioni, la chiesa viene solennemente benedetta.
Quello stesso anno, in occasione del sinodo diocesano del 1698 il Capitolo di S. Biagio di Cento solleva una questione che accompagnerà per quasi un secolo i rapporti tra le tre collegiate del forese (San Giovanni in Persiceto, Pieve di Cento e Cento). Il Capitolo di Cento infatti pretende, nel sinodo e nelle altre funzioni diocesane, la precedenza su quello di Pieve di Cento e su quello di S. Giovanni in Persiceto. La Collegiata di S. Giovanni però, avendo sempre goduto della precedenza, rifiuta di rinunciare a questo suo diritto e la Collegiata di Pieve, da parte sua, non fa alcuna rivendicazione nei confronti di quella di S. Giovanni, ma anch’essa pretende di mantenere la precedenza nei confronti di quella di Cento. Si hanno quindi due parti avverse: da una parte la Collegiata di S. Biagio di Cento, dall’altra le due Collegiate di S. Giovanni in Persiceto e di S. Maria della Pieve.
I giudici sinodali, l’11 settembre del 1698, emettono un decreto a favore del Capitolo di Persiceto: il Capitolo di S. Giovanni, essendo il più antico tra i tre, da sempre aveva goduto della precedenza, e l’ultimo posto spetta così al Capitolo di Cento.
I canonici di S. Biagio di Cento non si danno per vinti e nello stesso anno si rivolgono alla Sacra Congregazione dei Riti sperando di vedere accolte le loro rimostranze anche se tutto sembra spegnersi e l’affare non ha per il momento alcun proseguimento.
La controversia si riaccende vigorosa una seconda volta una trentina di anni più tardi, quando il card. Lambertini sta per tenere un nuovo sinodo diocesano.
La Sacra Congregazione dei Riti però il 10 marzo 1736 emette un decreto che lascia ancora una volta la precedenza alla Collegiata persicetana.
Quello della definizione dell’antichità dell’erezione delle Collegiate è solo un momento dell’appassionata crociata dei Centesi, al quale si aggiungono discussioni sul titolo di insigne attribuito alle Collegiate, sull’abito portato dai canonici, sulla ricchezza delle prebende, sulla sontuosità della chiesa e degli apparati, sulla nobiltà della città e del territorio e così via.
Dopo l’apertura al culto nel 1698, finalmente nel giorno di Pentecoste del 1739 la Collegiata viene solennemente consacrata dal card. Lambertini e per l’occasione il canonico Brunone Bruni compone un sonetto celebrativo e Giuseppe Sani un’elegia latina. Il card. Lambertini, divenuto papa Benedetto XIV, beneficerà la nostra Collegiata di oggetti e paramenti sacri, oltre che di particolari privilegi.
Nel 1751 diviene arciprete della Collegiata il bolognese Lodovico Gnudi che sembra essere il primo ad avere un interesse ‘storico’ per la Collegiata e per la Terra di Persiceto. A lui si deve una manoscritta cronaca della Collegiata e della terra di S. Giovanni in Persiceto, la compilazione e la pubblicazione di un elenco degli arcipreti persicetani e nel 1757 di una Novena in preparazione alla festa della Natività di S. Giovanni Battista. Personaggio poliedrico, si cimentò anche nella composizione di rappresentazioni sacre che si trovano manoscritte nella Biblioteca Capitolare della Collegiata. La Biblioteca Capitolare conserva anche un paio di rappresentazioni di argomento profano in dialetto. Sono anonime, ma il fatto che siano collocate insieme agli altri manoscritti del Gnudi, in quello che può essere considerato il fondo Gnudi all’interno della biblioteca, li fa ritenere a buona ragione opera sua o del padre Giambattista, noto poeta dialettale bolognese.
Nella seconda metà del XVIII secolo si mette mano ad una nuova fabbrica. La sagrestia, forse anche per l’aumentato numero dei canonici, è divenuta troppo piccola e la Comunità si fa carico della costruzione, nella zona cimiteriale sul lato destro della Collegiata, di una nuova sagrestia e di una camera capitolare. In cambio la Comunità può disporre della vecchia sagrestia e vi può collocare all’interno come all’esterno, in segno di possesso, il proprio stemma. I lavori di costruzione devono essere terminati nel 1764, quando nella sala capitolare viene posta un’iscrizione a ricordo della compiuta fabbrica.
Con l’arrivo della “bufera rivoluzionaria”, inizia per il nostro Capitolo un triste ‘carosello’ di soppressioni e ripristinazioni. Soppresso la prima volta nel 1798 verrà definitivamente ripristinato nel 1828.
Nel 1838, nell’occasione dell’elevazione di San Giovanni al grado di città da parte di Gregorio XVI, viene completata la facciata della Collegiata e l’arciprete Sacchetti fa eseguire a sue spese le statue dei quattro evangelisti e, nel timpano, il bassorilievo rappresentante la religione.
Infine, il 12 agosto 1857, la visita di Pio IX alla città e alla Collegiata di S. Giovanni in Persiceto. Per celebrare l’evento viene data alle stampe una breve storia della Collegiata, opera di Gianfrancesco Rambelli.
Ed eccoci arrivati all’Unità d’Italia quando, ad opera delle leggi di soppressione degli ordini religiosi e dei capitoli annessi alle chiese non cattedrali, del nuovo Regno d’Italia, anche la nostra Collegiata viene, nuovamente soppressa ed i suoi beni incamerati. Verrà ricostituito solo agli inizi del Novecento.